AvventaTI - Giorno 4: Oggi parliamo di Guglielmo Tell
Tutti noi conosciamo le gesta di Guglielmo Tell, e tu sapevi che secondo la leggenda il 1° Agosto 1308 avvenne la liberazione della Svizzera Originaria proprio grazie a lui?
Tante sono le gesta che ruotano attorno a questo mitico personaggio che non è solo famoso in Svizzera ma tutto il resto del mondo conosce la famosa freccia. Forse però non tutti conoscono nel dettaglio cosa si racconta.
In realtà esistono 2 versioni della leggenda che puoi trovare qui di seguito per cultura generale:
- la prima versione tratta dal manuale della storia Svizzera scritto da Patrizio Tosetti: "La storia della patria"
- la seconda versione tratta da "Guglielmo Tell per la scuola" di Max Frisch
Questo un estratto della versione di Patrizio Tosetti:
Ben presto Gessler / balivo che doveva dominare su Uri e Svitto e stabilitosi nel castello di Küssnacht notò che il popolo rialzava la testa e mostrava maggior fierezza; e cominciò a spospettare. Onde, per mettere alla prova gli Urani fece piantare sulla piazza pubblica di Altdorf un palo sormontato da un cappello con i colori dell'Austria e ordinò che tutti coloro che passavano davanti ad esso dovevano scoprirsi il capo ed inchinarsi, in segno di sottomissione.
Un giorno Guglielmo Tell, uno dei congiurati con Stauffacher e valente arciere di Bürglen, attraversa la piazza senza fare il saluto imposto; è quindi subito arrestato e condotto davanti al governatore. "So gli dice Gessler che tu sei un bravo tiratore. In punizione della tua disobbedienza io ti comando di cogliere una mela sulla testa di tuo figlio".
Invano Tell scongiura il governatore perché gli risparmi questa prova crudele; Gessler rimane inflessibile e minaccia anzi Tell e il figlio di farli subito mettere a morte se i suoi ordini non vengono eseguiti all'istante.
Tell, pur fremendo, deve obbedire: la freccia parte e trafigge la mela senza toccare il fanciullo; il popolo prorompe in grida di gioia.
Ma Gessler si è accorto che Tell, prima di tirare, ha nascosto una freccia sotto le vesti; e gli domanda: "Perché codesta seconda freccia?". Tell evita di dare una risposta esplicita; ma il governatore lo assedia di domande, assicurandogli che non deve avere alcun timore per la propria vita. Tell allora risponde arditamente: "Se la prima freccia avesse colpito mio figlio, la seconda avrebbe trapassato il tuo cuore".
"È vero che t'ho promesso salva la vita - replica Gessler, più infuriato che mai - ma ti rinchiuderò in un luogo dove tu non vedrai più né il sole né la luna". Tell, infatti, vien subito legato strettamente, condotto a Flüelen e messo in una barca per essere trasportato nelle prigioni del castello di Küssnacht.
La barca lascia il porto e prende il largo; ma ad un tratto comincia a soffiare il favonio, vento tempestoso del lago, e ben presto la burrasca infuria violenta. Le ondate minacciano di inghiottire l'imbarcazione o d'infrangerla contro le rocce che costeggiano il lago. I barcaioli, pallidi di terrore, gridano: "Tell è il migliore barcaiolo del paese; egli solo può salvarci!".
Gessler ordina subito che lo si sciolga. Tell prende il timone e, con mano sicura, conduce la barca ai piedi dell'Axenberg, verso una roccia disposta a piattaforma, che ancor oggi porta il nome di lui - la Tellsplatte - e dove più tardi fu costruita una cappella in suo onore. Qui Tell si slancia d'un balzo sulla riva e respinge col piede la barca in mezzo ai flutti. Quindi attraversa rapidamente il paese di Svitto per attendere Gessler a Küssnacht.
Si apposta fra le piante alla Via Cava e non appena il governatore compare, gli passa il cuore con una freccia.
Questo un estratto della versione di Max Frisch:
Perché non salutava il cappello, fu la domanda del cavaliere. Ma il falciatore, circondato dai suoi compaesani nel centro della piazza di Altdorf, dove oggi c'è il suo monumento, non tirò fuori neanche una parola, e non rispose neppure alla domanda successiva e benevola: se per caso non aveva visto il cappello in cima al palo. Non era abituato a far botta e risposta davanti a un pubblico, guardava meno il balivo, che probabilmente cominciava a dar segni di impazienza, che non i suoi compaesani. perché con loro avrebbe dovuto continuare a vivere. Voleva essere prima di sera a Immensee, disse il cavaliere grassoccio, per sollecitare la risposta del falciatore. Inutilmente. Costui aveva la barba rossa e la pelle piena di efelidi, probabilmente era un collerico, che non sempre aveva la vita facile in società. Perché portava sempre la balestra come quella sulla spalla, domandò il cavaliere, per indurlo a parlare. Inutile anche questo. Alcuni avevano l'aria di ridacchiare. La curiosità per ciò che il signor balivo sarebbe riuscito a farsi venire in mente era così grande adesso, che si trasmetteva al cavallo, e il Tillen (come probabilmente era il suo soprannome)
riusciva a tenerlo buono soltanto a furia di strattoni, e tutto questo conferisce immancabilmente a un cavaliere un'aria di crudeltà. Improvvisamente, spaventato, l'uomo della balestra disse: "Ch'al me scusa scior, l'è staa per sbai e mia per fag dispett: I me scusa, se mi füss cun la testa a post i ma ciamaresan mia '1 Tell, al preghi de scusamm, al vedrà che u süccederà pù". Sicché: una distrazione; il cavaliere grassoccio era dispostissimo a crederci, perché così tutta la storia si abbreviava, e accarezzò il cavallo per calmarlo. Il popolo di Uri invece era deluso di quella risposta servile, e il falciatore se ne accorse e si corresse: era un uomo libero, lui, e non era disposto a salutare un cappello asburgico! Il cavaliere grassoccio continuava ad accarezzare il cavallo, e persino sorrideva. Il fatto era che in cima a quel palo non pendeva un cappello asburgico bensì un cappello imperiale, al quale occorreva testimoniare riverenza, anche nella vallata libera di Uri. La maggioranza lo sapeva ma evidentemente il bravo falciatore
lo ignorava.
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